Uno slogan: la fine delle ideologie
A proposito di frasi fatte, di slogan imposti come mantra, eccone uno sulla bocca di tutti i cosiddetti "intellettuali" propinatici dai media della classe dominante: "Viviamo in un'era post-ideologica; è finita l'epoca delle ideologie".
Beh, visto che le ideologie sono fuori moda, mi adeguo e cerco di comprendere la suddetta affermazione in modo non ideologico.
Cos'è un'ideologia?
Il termine ha avuto accezioni e usi diversi nel corso dei secoli; a mio parere, al giorno d'oggi, tale parola ha una connotazione negativa e indica fondamentalmente un sistema di pensiero fondato su presupposti non scientifici, non empirici o non dimostrabili.
Se accettiamo tale definizione, allora quando diciamo che è finita l'era delle ideologie diciamo che le religioni sono scienza e poggiano su basi concrete, legate alla realtà empirica e dimostrabili tramite metodo sperimentale.
A questo punto risulta evidente che le ideologie godono di ottima salute, vista la diffusione che ne viene promossa a piene mani. Perché allora questo luogo comune dell'era post-ideologica?
Il governo tecnico
Mi capita sempre di associare questo luogo comune a un ossimoro molto in voga ai nostri tempi: il "governo tecnico". Li associo perché vogliono suggerire una comune implicazione: la necessità.
Un governo tecnico - stando a quanto ci viene detto - non decide, non sceglie: non ha opinioni. Fa quello che fa così come 2 + 2 fa quattro: si tratta di considerazioni puramente tecniche che portano a necessarie conclusioni.
Ovviamente, non esiste mai un solo modo di raggiungere un obiettivo; una decisione è sempre richiesta e una decisione è un atto politico. Può essere una considerazione asettica costatare che si spende più di quanto si incassi ma stabilire in quale modo - tra i vari possibili - pareggiare il bilancio, è un atto politico.
I cosiddetti governi tecnici sono generalmente rappresentati da esponenti del capitale, prendono le decisioni più dure e impopolari - generalmente verso la classe lavoratrice - e tuttavia godono dell'appoggio trasversale dei vari partiti (forse contenti di poter soddisfare i propri padroni senza sporcarsi le mani direttamente) e non incontrano la resistenza della società civile che incontrerebbe un qualunque governo politico: fanno macelleria sociale in evidente conflitto di interessi nascondendo le proprie responsabilità dietro il manto della "necessità tecnica".
Smentito Marx?
Identica è la finalità nel presentare come non ideologico il mondo attuale: significa affermare che le cose, oggi, vanno come devono andare, secondo l'unico ordine possibile. Le cose funzionano così e scordatevi che possano andare diversamente; l'opinione marxista che vede nell'attuale sistema economico - e i conseguenti modelli politici - solo un momento storico dell'evoluzione della società umana è crollata insieme al blocco sovietico: da allora non esistono più ideologie.
Ora, qualunque idea si nutra verso il marxismo - assunto che una minoranza ne sa effettivamente qualcosa - sta di fatto che il crollo sovietico non solo non ne scalfisce la validità ma, addirittura, ne conferma alcuni assunti di base: ad esempio il fatto che il socialismo in un solo Paese (bandiera dello stalinismo) sia impossibile e conduca ad una delle forme più illiberali del capitalismo.
Se poi per i pensatori "non ideologici" - scientifici, pragmatici ed ancorati alla realtà dei fatti - sia sufficiente che una nazione sia guidata da un partito che si definisca "comunista" per essere un esempio di comunismo reale, allora questi signori dovrebbero concludere che il marxismo sta conquistando il mondo, vista la crescita cinese. Se invece vogliono essere davvero scientifici - o marxisti, in questo caso - giudicheranno la politica cinese sulla base dei rapporti di produzione esistenti e direbbero senz'altro che là vige un capitalismo di stato che ha imboccato - volente o nolente - un lento cammino di apertura al libero mercato interno.
La fine della Storia (di nuovo...)
L'affermazione che dipinge quella attuale come un'epoca scevra da ideologie è, dunque, un'affermazione ... ideologica!
Se la storia ci insegna qualcosa è, innanzitutto, che la storia esiste! E cos' è la storia se non la scienza del mutamento, delle trasformazioni della società umana, del conflitto dialettico tra i fattori che spingono verso il futuro assetto e quelli che ad esso si oppongono e che desiderano la conservazione dell'attuale, della trasformazione poi dei primi nei secondi, una volta che il futuro diventa presente, e la formazione di nuovi elementi di instabilità causati dall'esistenza stessa del nuovo sistema.
Ai fattori reazionari appartiene lo slogan ideologico che afferma che oggi non esistano ideologie; vogliono convincerci alla rassegnazione: finalmente la storia ha raggiunto il suo vertice massimo, si è ancorata alla realtà dopo esser stata sballottata qua e là da idee bislacche (un po' - mutatis mutandis - come affermava Hegel due secoli fa... ignorato tuttavia dalla storia stessa che, incurante, ha proseguito l'incessante evoluzione).
La storia sorride di fronte a tali affermazioni: la razionalità e necessità di ogni modello sociale, dalla comparsa dell'uomo ad oggi, è stata una necessità storica, ossia tale solo in un determinato periodo e in determinate condizioni poi modificate dall'esistenza stessa del dato sistema, che determina dunque le condizioni per il proprio superamento.
Come ogni re mette al mondo il suo erede
Il figlio a cui dovrà ceder la gloria
Così ogni epoca ha creato la mano
Che l'ha rinchiusa nei libri di storia.
("Il museo della storia", La Scintilla)